L’Amicizia è Mafia?

See on Scoop.itGazzetta Elbana

Oggi molti si interrogano sulla questione morale. Ci si chiede come e dove colpire per educare gli italiani a vivere senza clientele e raccomandazioni. Pare che il governo Monti abbia intrapreso una serie di iniziative per debellare questa corruzione sistemica e rilanciare il nostro paese attraverso la trasparenza e la meritocrazia. 

 

Qui sopraggiunge una questione difficilissima. Ovvero: se ciò che caratterizza il mondo delle assunzioni e soprattutto quello delle nomine (poltrone) è basato sull’amicizia e su corsie preferenziali che fanno sì che chi ne ha il potere scelga sempre un “amico” piuttosto che un “nemico” o uno sconosciuto, allora come si fa a uscire da questo impasse e trasformare lo stato di cose attuale? Bisogna far sì che le nomine vengano fatte per via elettiva dal basso attraverso una scelta partecipata? Oppure si deve in qualche modo impedire a chi fa le nomine di agire secondo “simpatia”?

 

La questione è molto delicata. Non è soltanto un principio morale di giustizia ed equità. E’ anche e soprattutto una questione di INTERESSE. Infatti, se l’Italia stenta, lo si deve anche al fatto che le “poltrone” sono troppo comode – è troppo facile arrivarvi senza competenza né competizione, e forse sono troppo ben retribuite per le mansioni che devono svolgere.

 

Se il Gran Difetto della nostra Economia Sociale sta in questo, allora è vero che l’amicizia non è quella tanto decantata virtù per cui le persone possono contare una sull’altra e riporre la propria fiducia in qualcuno senza rischiare di esserne traditi. L’amicizia diventa a questo punto il vero problema del nostro Paese. L’amicizia diventa strutturalmente una forma di mafia. E per sconfiggere questo punto nero della nostra società bisogna cominciare a ripensare da zero al concetto stesso di “amico”.

 

Bisogna chiedersi se stiamo facendo una cosa giusta quando offriamo da bere a qualcuno perché ci piace la sua compagnia o perché lo stimiamo. Bisogna pensare se è giusto che invece non invitiamo un’altra persona lì presente solo perché non ci interessa o non ci è affine. Bisogna fare un’autoanalisi e chiedersi che cosa DAVVERO ci lega a quella persona che chiamiamo amico piuttosto che a un’altra che siamo portati a ignorare.

 

L’amicizia è una bella cosa. Ma in questa società in crisi, la differenza con la mafia è poca. Qualunque sia il paradigma etico che guida i nostri comportamenti, dobbiamo essere consapevoli che agire per amicizia nell’esercizio delle nostre funzioni professionali e politiche è un atto criminale.

 

 

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