ELBEX, una moneta complementare come il granito di Piazza Gramsci

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No, non dura come il granito di Piazza Gramsci, ma sarda. Elbex è infatti la versione nostrana di Sardex – una moneta virtuale per rilanciare l’economia.

Isola Etica ha seguito fin dai suoi inizi il progetto Sardex e si è messa subito al lavoro con gli ideatori per importare il modello sul territorio toscano.

L’idea di Sardex nasce nel 2006 a Serramanna, piccolo paese del cagliaritano, dalla mente e dalla passione di tre ragazzi: Gabriele Littera, allora studente in comunicazione d’impresa e marketing a Teramo; Giuseppe, suo fratello, che studiava Lingue all’Università di Leeds; e Carlo Mancosu, apprendista filosofo a Cagliari. Un mix di studi e competenze quantomeno originale per chi decide di aprire un circuito di credito commerciale. Ma anche qui passione e spirito imprenditoriale prevalgono sui currricula studiorum.

“L’idea ci è venuta con i primi sentori della crisi economica negli Stati Uniti. Avevamo intuito che da lì a poco si sarebbe scatenata una profonda crisi globale” racconta Gabriele, attuale responsabile marketing. “Siamo partiti da questa analisi per cercare di immaginare qualcosa che anticipasse i nuovi bisogni di aziende e territori”.

Continua Carlo, responsabile dell’Area Broker e sviluppo: “Ci siamo approcciati alla questione monetaria dopo aver visto due documentari “The money masters” e “Money as a debt”. Fino ad allora non ci eravamo mai soffermati a riflettere a fondo sul denaro ed il credito, sulle loro funzioni e implicazioni, su cosa fossero, da dove nascessero ed in che modo potessero influenzare i cicli economici. Ci si aprì all’epoca un intero universo”.

“La moneta è spesso considerata, anche dall’accademia, un dato a priori, un dogma inattaccabile. Scoprimmo approfondendo gli studi che proprio attorno alla moneta ferveva un intenso dibattito millenario vecchio almeno quanto il denaro stesso. Dibattito che da Aristotole, passando per Hume, gli economisti classici, la scuola Austriaca, i keynesiani ed il monetarismo è arrivato fino ai giorni nostri. Come dicevamo era il 2006 e da altreoceano cominciavano ad arrivare le prime eco della tremenda crisi in cui siamo tuttora coinvolti. Pensammo che dovevamo trovare una soluzione o quantomeno immaginare qualcosa che fosse parte di essa. La crisi che sarebbe arrivata, sapevamo già da allora, sarebbe stata una crisi finanziaria e non produttiva. Sarebbe venuta a mancare la liquidità ma non i beni e servizi, né tanto meno i bisogni delle aziende. Questo ci spinse a cercare nel corso della storia sistemi di scambio fondati su monete non ufficiali, su quelle che vengono definite monete complementari locali. Studiammo la questione a fondo, vagliando centinaia di sistemi di credito e moneta complementare che si sono sviluppati e succeduti, in tempi e modi diversi, in tutto il mondo. Volevamo capire se l’introduzione di sistemi di questo tipo avrebbero potuto aiutare il nostro piccolo territorio di Serramanna ad affrontare la situazione e soprattutto la crisi di liquidità che di lì a poco avrebbe investito le imprese. In fondo la questione era semplice: ci possono essere fabbriche, mezzi, servizi etc., ma, in una economia complessa, il denaro è come l’olio lubrificante: se viene a mancare si blocca tutto”.

Prende corpo così l’idea di una rete di imprese che si sostiene attraverso una moneta complementare, il Sardex. Che inizialmente è pensato come circuito di pagamento per le piccolissime aziende di Serramanna. “Abbiamo studiato alcuni casi di successo, ad esempio siamo stati a Basilea, dove dal 1934 opera il circuito WIR (traduzione: noi), che nasce proprio in risposta della famosa crisi del ’29”.

“Abbiamo anche esaminato alcuni casi simili di stampo americano, ma erano soprattutto operazioni di marketing che non ci hanno soddisfatto. Noi volevamo un prodotto che fosse localistico, etico e sostenibile”. Ma che cos’è di preciso il Sardex? È una moneta? “Non una moneta vera e propria. È uno strumento virtuale di compensazione commerciale nello scambio di prodotti, servizi o prestazioni professionali”.

Come nel baratto? “No. Nel baratto lo scambio è vincolato alla disponibilità reciproca da parte delle parti a scambiare qualcosa per un’altra”.

Per semplificare, ho del vino e mi serve della carne. Con il baratto, perché lo scambio avvenga devo cercare qualcuno che abbia della carne e contestualmente desideri del vino. Non è così semplice.

“Il circuito Sardex.net è basato anzitutto sulla fiducia. Io, azienda o professionista, chiedo di entrare nel sistema mettendo a disposizione un prodotto o un servizio fino a un certo ammontare, ad esempio della merce che vorrei commercializzare ma che il mercato non riesce ad assorbire. Allo stesso tempo acquisisco un certo credito che posso utilizzare per acquistare dalle altre imprese del circuito ciò di cui ho bisogno”.
Quindi, sempre per semplificare: ho del vino, lo metto a disposizione del circuito vendendolo in Sardex (1 Sardex = 1 euro). Poi ho bisogno di un dentista per mia moglie e vorrei utilizzare il mio credito Sardex. Ma non devo cercare un dentista ‘sommelier’. Lo trovo semplicemente tra gli altri soci del circuito. Il dentista a sua volta, grazie all’asportazione del dente cariato della signora, cambierà le gomme dell’auto da uno dei meccanici della rete. E così via, di transazione in transazione.

Da che cosa guadagna l’azienda Sardex? “C’è una commissione del 3,5% sugli scambi realizzati e un canone annuo per restare nel circuito che varia in funzione delle dimensioni dell’impresa”.

Che cosa succede in caso di posizione debitoria di un socio? “Ci sono 12 mesi di tempo per ripagare gli acquisti, con una prima allerta a partire dal nono mese. In quei casi lavoriamo al fianco dell’imprenditore per aiutarlo a vendere, promuovendo in misura ancora maggiore le sue attività. Ma finora non è mai successo”.

L’idea è davvero originale. Ma funziona? A quanto pare si, se diamo retta a questi numeri: a dicembre 2010, dopo appena un anno di attività, il circuito Sardex.net contava circa 200 aziende. Esattamente un anno dopo siamo a oltre 400, oltre il 100% in più di iscritti. E con un tasso di abbandono inferiore al 5%.

Sì, 400 aziende che in una volta sola diventano non solo soci, ma acquisiscono direttamente un portfolio di 399 nuovi potenziali clienti. Un bel supporto anche in chiave promozionale. Se non bastasse date un’occhiata al volume delle transazioni, che in un anno è cresciuto del 370% (!), con oltre 2000 operazioni di compravendita e 1.100.000 Crediti Sardex transati. “I Crediti Sardex circolano molto velocemente passando da azienda ad azienda mediamente 6 volte, generando un effetto moltiplicatore della ricchezza. Inoltre la possibilità, per elevati importi, di effettuare pagamenti misti, parte in Sardex e parte in euro, ha permesso ad alcune delle aziende iscritte di aumentare anche la propria quota di mercato in moneta corrente”. E poi, nel circuito, si trova davvero di tutto. Il nome di qualche azienda? Tiscali, Sardegna 1, L’Unione Sarda, Radio press, Sardegna 24, la partnership con le aziende socie Finsardegna, MailBoxes Etc., LD Market, Fedora Bioedilizia, Rochebobois, solo per citarne alcune. Ma anche hotel, avvocati, meccanici, fruttivendoli …

Eppure all’inizio è stata davvero molto dura. “Il primo socio è stato un rivenditore di materiali per l’edilizia. Ma per mesi è stato difficile anche solo fissare un appuntamento per accennare alla proposta. La media era di 1 appuntamento ottenuto ogni 10 contatti e di 1 nuovo socio ogni 20 appuntamenti”. Lascio a voi i conti. “Tutti ci facevano i complimenti per la bella iniziativa, ma poi nessuno voleva investirci di suo”. Tanti no, con alcuni aneddoti campali. “Come quel venditore di elettrodomestici, che prima ci ha fatto fare 5 appuntamenti con uno che non decideva nulla, poi dopo aver finalmente ascoltato di persona la proposta, ci ha detto: ‘Bello, ma è una cosa che va bene per le piccole aziende’. Gli nominammo allora alcune grandi aziende del circuito. Lui ribattè: ‘Beh sì, è una cosa che va bene per le grandi aziende’. Bene, quindi aderisce? ‘Eh no, per noi è diverso, non siamo né grandi né piccoli …’”.

Quando avvenne dunque la prima memorabile transazione in Sardex? “Dopo 4 mesi di attività. Un’agenzia web vendette un sito e con quei ‘soldi’ andò dal dentista”.

Oggi Sardex, che ha sede nel cuore di Serramanna, in un piccolo locale quasi magico dove adesso non ci si sta quasi più, dà lavoro a 20 collaboratori in tutta la Sardegna. Età media 30 anni, 50% donne. Ecco il futuro.
Un azienda che cresce anche sul web. Ha da pochissimo adeguato in chiave ‘social’ sito e comunicazione tramite blog, newsletter e social network. Anche se … “Abbiamo anche un sistema ‘automatico’ di home banking a disposizione dei soci per l’incrocio tra domanda e offerta. Una sorta di market place on line. Ma è utilizzato davvero pochissimo (circa il 5% delle transazioni). Moltissime imprese, soprattutto quelle più tradizionali, non hanno alcuna dimestichezza con questa tecnologia. Per cui, come dire, abbiamo in qualche modo appeso il computer al chiodo e dovuto riprendere in mano carta, telefono e fax …”. Quali sono i vostri mulini a vento? “In Sardegna bisogna combattere l’idea che gli altri stiano per fregarti, qualunque cosa facciano. Anche per questo, non appena uno diventa socio, cerchiamo di fargli fare subito sia una vendita che un acquisto. Così si alimenta fiducia verso il circuito”. “Poi molti imprenditori non sono preparati ad aprirsi alle novità, anche se si rendono conto che il sistema è tutto sommato semplice. Il capitalismo ha studiato per loro un piano imprenditoriale che contempla solo ‘addizione’ e ‘sottrazione’. Ricavi e costi. Stop. Invece esistono anche altre cose come i costi marginali, le vendite aggiuntive, il miglioramento dei flussi di cassa … Ad esempio il Sardex è un’occasione per non tagliare spese che tutti stanno tagliando”.

See on www.sardex.net

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