See on Scoop.it – Gazzetta Elbana
Prefazione di Angelo Mazzei
Non sapremmo dire se nell’antologia dei grandi poeti del mondo ci sia qualcosa che somigli a I CANTI FUNEREI di Manolo Dico.
Si potrebbe obiettare che un linguaggio simile si può trovare in moltissime canzoni gothic, soprattutto in inglese. Si potrebbe far notare come altri poeti, in primis Bukowski abbiano già sdoganato certe parole alla poesia accademica.
Ma la vera operazione artistica di Dico non è nella distruzione fine a se stessa, quanto in un intervento di affrancamento del vietato nel consentito. Manolo Dico (Far Oer 1967 – San Domino 2014) è riuscito nell’intento alquanto ambizioso di farci sembrare esteticamente bello il terribile, dicendo il non detto in modalità normali. Il poeta danese, ma di origini messicane (il padre veniva da Acapulco, mentre il quadrisnonnoera immigrato italiano di Trinitapoli), ha praticamente sublimato l’elemento escatico, e forse anche quello tanatotico.
Oggi vi proponiamo la lettura di IO SONO CANCRO, un brano tratto da I CANTI FUNEREI, uscito postumo.
§§§
Io sono cancro.
Il cancro del mondo.
Le mie matastasi
Hanno raggiunto Ovunque.
Se mi guardi bene
Vedi che sto morendo.
I miei sputi son diventati fiumi
Di parole
Le mie pisciate
Mari di cazzate
E vedo andare in giro
Tutte le mie cacate.
Pezzi di merda che camminano
E hanno anche il coraggio di parlare
Stronzi e laghi delle diarree peggiori
Far finta di pensare
E pontificare.
E distribuisco a pioggia
Dolore gratis
E disperazione a fiocchi.
Io sono merda.
La merda del mondo.
§§§
[Manolo Dico, Canti Funerei, 2014]