Napolitano Vs Rodotà 1992

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LA STAMPA – Martedì 2 Giugno 1992 – pag.3

 

Rodotà minaccia di dimettersi da tutti gli incarichi, la Iotti si astiene sulla candidatura

La poltrona di Montecitorio spacca il pds

Craxi a Botteghe Oscure: pronti a votare Napolitano

 

ROMA. Alle cinque della sera Bettino Craxi fende i capannelli del Transatlantico e a chi gli si avvicina, butta lì una battuta che ha un sapore incerto, a metà strada tra una lusinga e un rimprovero ad Occhetto: «Come segretario di un partito che ha 92 deputati – dice Craxi non ho ricevuto richieste né scritte né orali per sostenere la candidatura di Stefano Rodotà…».

Esattamente un’ora dopo, di gran carriera, ecco arrivare in Transatlantico Achille Occhetto: «Avete visto Craxi? Non ho alcun problema a parlargli e a chiedergli i voti per Rodotà…». Per tutto il pomeriggio si sono lanciati messaggi, si sono cercati a distanza, e alla fine Achille Occhetto e Bettino Craxi si sono parlati.

Craxi – che sapeva quanto fosse stata sofferta la decisione del pds di lanciare in pista Stefano Rodotà – ha detto ad Occhetto che tra i possibili candidati della Quercia alla presidenza di Montecitorio, il psi è disposto a votare per Giorgio Napolitano. E subito dopo un comunicato socialista faceva sapere che il psi è disposto a scegliere un nome all’interno di una rosa proposta dal pds. E quindi stamane toccherà di nuovo ad Occhetto affrontare il proprio partito, valutare se sia il caso di abbandonare la candidatura di Stefano Rodotà e passare a quella di Giorgio Napolitano che, sulla carta, sembra avere molte più chances di riuscita. E, come spesso è accaduto in queste ultime settimane, non sarà una scelta facile per il pds: il colloquio tra Craxi e Occhetto, infatti, ha sigillato l’ennesima giornata di tensione a Botteghe Oscure. La decisione di lanciare la candidatura di Stefano Rodotà è maturata a conclusione di una lunga riunione – quasi tre ore – dell’assemblea dei deputati del pds e che è culminata in due colpi di scena: la minaccia di Rodotà di lasciare tutti i suoi incarichi parlamentari e di partito – e la decisione di Nilde lotti di astenersi sulla decisione finale di lanciare la candidatura di Rodotà.

Dopo le polemiche dei giorni scorsi, che avevano scosso la Quercia tra i fautori di una candidatura Napolitano e i sostenitori di Rodotà e dopo la minaccia del vice presidente della Camera di non dimettersi dal proprio incarico, ieri mattina è toccato a Massimo D’Alema il compito più delicato. E cioè quello di spiegare ai 107 deputati della Quercia i prò e i contro delle ipotesi in campo. E D’Alema ha cercato di offrire ai suoi un’«istantanea» obiettiva degli schieramenti: il capogruppo della Quercia ha spiegato che c’è disponibilità nella de a votare un candidato del pds e che da parte dello scudocrociato non ci sono veti nei confronti di nessuno.

Neanche i socialisti – ha spiegato D’Alema – hanno pregiudiziali, ma hanno anche espresso una «preferenza» per Giorgio Napolitano, nei confronti del quale non ci sarebbe un veto pregiudiziale neanche da parte di Rifondazione comunista. I due candidati hanno differenti chances, ma il pds sceglie la candidatura istituzionale di Rodotà «fino a quando ci saranno possibilità di successo».

E a questo punto è insorto Rodotà. Il presidente del pds ha parlato col cuore in mano, dichiarando ad alta voce un sospetto atroce: forse il partito «sostiene la mia candidatura alla presidenza della Camera con scarsa convinzione». Insiste Rodotà: è bassa l’insinuazione di «chi mi vuole attaccato alle poltrone».

E proprio per dimostrare l’infamia, getta sul piatto una minaccia plateale: le dimissioni da tutte le cariche che detiene, presidente del pds, vice-presidente della Camera, deputato. Alla fine un annuncio: «Visto che dovete discutere di me, è opportuno che io mi allontani dalla sala…».

«Stefano non te ne andare, resta qui…». Una voce dal fondo della sala dove sono riuniti i deputati del pds spezza l’emozione, raffredda il pathos che ha preso tutti. Lo «show» di Rodotà costringe Achille Occhetto a chiedere la parola subito: il segretario rassicura il presidente del partito circa l’impegno del pds a sostenerlo «fino in fondo» e «con lealtà». La tensione sembra allentarsi. Ma non è finita. Ora è la volta di Giorgio Napolitano, che invita i suoi «a cogliere la nuova disponibilità del psi» e ricorda anche, in trasparente polemica con Rodotà, «di non aver concesso interviste nei giorni che sono seguiti» alla sua mancata elezione alla presidenza della Camera. E poi ancora Gianni Pellicani, uno dei leader riformisti, che alludendo a Napolitano, dice: «Meglio seguire una strada certa che una incerta…».

Ma alla fine si vota ed arriva una nuova sorpresa. La candidatura di Rodotà, formalizzata da D’Alema, è approvata a larga maggioranza con due voti contrari – uno è quello di Pellicani e nove astensioni. Tra queste c’è quella di Nilde lotti. Già nella riunione mattutina del coordinamento politico della Quercia, la lotti si era espressa a favore di Napolitano, ricordando che in precedenza il candidato del pds era stato il leader riformista. Da stamane ricomincia il tormentone: meglio Rodotà o meglio Napolitano?

 

Trascrizione di Angelo Mazzei

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